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GROTTA DEI PIPISTRELLI“I miei cavatori mi dicevano di non andare alla “grott du mattivagghi” perché non c’era niente là sotto. “Ma io dovevo andare nella Grotta, dovevo rendermi conto di cosa si nascondesse dietro i pipistrelli”.
“I miei cavatori mi dicevano di non andare alla “grott du mattivagghi” perché non c’era niente là sotto. “Ma io dovevo andare nella Grotta, dovevo rendermi conto di cosa si nascondesse dietro i pipistrelli”.
“I miei cavatori mi dicevano di non andare alla “grott du mattivagghi”, la grotta dei pipistrelli, perché non c’era niente là sotto”. “Ma io dovevo andare nella Grotta, dovevo rendermi conto di cosa si nascondesse dietro i pipistrelli.
Un tempo, poi, non c’era nessun bisogno di scendere, di calarsi: l’ingresso della grotta era in piano.
Ma adesso siccome era stato tolto tutto il guano, gli escrementi di quelle bestie infernali, tutto era crollato e la grotta era precipitata”. È il senatore Domenico Ridola a parlare. Il padre delle scoperte archeologiche di Matera, che narra in prima persona la cronaca degli anni che a partire dal 1872 lo portarono all’interno di questa grotta.
“Avevano scavato già in tanti e per molti anni. Una volta anche loro avevano creduto al tesoro dell’Imperatore Barbarossa”.
Si narra, infatti, mentre si recava alla Crociata, Federico Barbarossa passò da Matera. In prossimità della città la figlia che lo accompagnava morì.
Il dolore e la rabbia per la perdita fu tale che l’Imperatore distrusse una chiesa scavata in un’ampia grotta per farne il sepolcro per la figlia defunta che riempì di numerose ricchezze.
“Il padre, il nonno di qualcuno dei miei collaboratori aveva scavato, si era calato più in fondo, ma niente.. non c’era nessun tesoro, nessuna ricchezza. Sapevo bene che non esisteva il tesoro di Barbarossa. E poi Barbarossa chi? chi era questo misterioso re? Re di cosa, di chi? Un re a Matera, in una grotta, perché mai?
L’archeologia non è fatta per cercare tesori di monete o di ricchezze. Io cercavo, volevo trovare altro. Anzi, forse volevo solo capire, scavare per conoscere”.
“I miei cavatori mi dicevano di non andare alla “grott du mattivagghi”, la grotta dei pipistrelli, perché non c’era niente là sotto”. “Ma io dovevo andare nella Grotta, dovevo rendermi conto di cosa si nascondesse dietro i pipistrelli.
Un tempo, poi, non c’era nessun bisogno di scendere, di calarsi: l’ingresso della grotta era in piano.
Ma adesso siccome era stato tolto tutto il guano, gli escrementi di quelle bestie infernali, tutto era crollato e la grotta era precipitata”. È il senatore Domenico Ridola a parlare. Il padre delle scoperte archeologiche di Matera, che narra in prima persona la cronaca degli anni che a partire dal 1872 lo portarono all’interno di questa grotta.
“Avevano scavato già in tanti e per molti anni. Una volta anche loro avevano creduto al tesoro dell’Imperatore Barbarossa”.
Si narra, infatti, mentre si recava alla Crociata, Federico Barbarossa passò da Matera. In prossimità della città la figlia che lo accompagnava morì.
Il dolore e la rabbia per la perdita fu tale che l’Imperatore distrusse una chiesa scavata in un’ampia grotta per farne il sepolcro per la figlia defunta che riempì di numerose ricchezze.
“Il padre, il nonno di qualcuno dei miei collaboratori aveva scavato, si era calato più in fondo, ma niente.. non c’era nessun tesoro, nessuna ricchezza. Sapevo bene che non esisteva il tesoro di Barbarossa. E poi Barbarossa chi?, chi era questo misterioso re? Re di cosa, di chi? Un re a Matera, in una grotta, perché mai?
L’archeologia non è fatta per cercare tesori di monete o di ricchezze. Io cercavo, volevo trovare altro. Anzi, forse volevo solo capire, scavare per conoscere”.
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