VILLAGGIO NEOLITICO MURGIA TIMONE

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VILLAGGIO NEOLITICO DI MURGIA TIMONE
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VILLAGGIO NEOLITICO DI MURGIA TIMONE

Siamo a Murgia Timone… e diecimila anni fa l’uomo viveva qui.

Siamo a Murgia Timone… e diecimila anni fa l’uomo viveva qui.

Siamo a Murgia Timone… e diecimila anni fa l’uomo viveva qui.
Il suo villaggio di capanne era circondato e difeso da un fossato trincerato.
I suoi vicini abitavano a Murgecchia e Trasanello, il colle che dopo l’Età del Ferro avrebbe originato la Civita di Matera. L’uomo del Neolitico viveva di agricoltura e pastorizia e la sua sopravvivenza era garantita da un bacino d’acqua perenne detto lo “Jurio”.
Il ritrovamento delle tracce del suo passaggio si deve all’intuito e alla preparazione di Domenico Ridola, che così ne ricorda la scoperta:
“La mia attenzione fu richiamata da due singolari ipogei a Murgia Timone, scoperti per caso… Ad uno di questi che sorgeva in mezzo ad un circolo di pietra… si accedeva per una specie di corridoio fiancheggiato da due muretti a secco…
Pensai che i due muretti potessero come in Sicilia celare l’ingresso ad altre tombe… Invece dietro, scavando… venne fuori un lungo fossato, un’altra opera singolare della mano dell’uomo…

Un fossato che circondando tutto il centro abitato doveva isolare e proteggere il villaggio primitivo fatto di capanne e al tempo stesso la convinzione che quella traccia sul terreno per il suo significato di cinta sacrale delimitasse non solo lo spazio fisico ma anche quello ultraterreno come nel leggendario pomerium tracciato da Romolo nella fondazione della sua città.

Siamo a Murgia
Timone… e diecimila anni fa l’uomo viveva qui.
Il suo villaggio di capanne era circondato e difeso da un fossato trincerato.
I suoi vicini abitavano a Murgecchia e Trasanello, il colle che dopo l’Età del Ferro avrebbe originato la Civita di Matera. L’uomo del Neolitico viveva di agricoltura e pastorizia e la sua sopravvivenza era garantita da un bacino d’acqua perenne detto lo “Jurio”.
Il ritrovamento delle tracce del suo passaggio si deve all’intuito e alla preparazione di Domenico Ridola, che così ne ricorda la scoperta:
“La mia attenzione fu richiamata da due singolari ipogei a Murgia Timone, scoperti per caso… Ad uno di questi che sorgeva in mezzo ad un circolo di pietra… si accedeva per una specie di corridoio fiancheggiato da due muretti a secco…
Pensai che i due muretti potessero come in Sicilia celare l’ingresso ad altre tombe… Invece dietro, scavando… venne fuori un lungo fossato, un’altra opera singolare della mano dell’uomo…

Un fossato che circondando tutto il centro abitato doveva isolare e proteggere il villaggio primitivo fatto di capanne e al tempo stesso la convinzione che quella traccia sul terreno per il suo significato di cinta sacrale delimitasse non solo lo spazio fisico ma anche quello ultraterreno come nel leggendario pomerium tracciato da Romolo nella fondazione della sua città.

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